mercoledì, settembre 27, 2006

ORTEGA Y GASSET José: "Costruttore di bellezza"

ORTEGA Y GASSET José (Madrid, 1883-1955)










Filosofo e saggista spagnolo. Dopo aver compiuto i suoi studi in Spagna, si recò in Germania dove fu allievo del filosofo neokantiano Hermann Cohen. Dal 1910 al 1936 (quando lasciò la Spagna all’inizio della guerra civile) insegnò metafisica all’università di Madrid e nel 1923 fondò la “Revista de Occidente”, una delle più importanti riviste culturali spagnole della prima metà del Novecento. Visse successivamente in vari paesi europei e negli Stati Uniti, tornando in Spagna nel 1945.
La sua opera, copiosa, definiva un pensiero che si accentrava intorno ad alcuni temi dominanti: il problema della Spagna, la crisi della società moderna, la necessità di una filosofia che superasse le conseguenze del razionalismo. Egli vede la vita umana come “realtà radicale”, intendendola come un rapporto dinamico dell’Io con le cose, che comporta una concezione da Ortega stesso definita “prospettivismo”. Per questa stretta interrelazione, ragione e vita vengono a formare una unità organica, il cui principio fondamentale è la “ragione vitale” (“raziovitalismo”); con essa, Ortega reagisce contro il relativismo e contro il razionalismo, impone l’assoggetamento della ragione alla vita spontanea in quanto la ragione deve servire alla vita e non viceversa e in quanto il pensiero nasce come necessità vitale dell’individuo e come adeguamento alle cose.
Ortega ha avuto molto prestigio in Spagna ed Europa; la sua teoria delle minoranze scelte, che emerge dalla sua “Spagna invertebrata” e nella “Ribellione delle masse” ( in cui lamenta la perdita dei valori che solo una minoranza può possedere e imporre), e la difesa dell’antirealismo dell’arte contemporanea (che fugge dalla realtà fino ad affermarsi come libero gioco) ha influito su una generazione di scrittori spagnoli, apportando in esse un senso colto ed aristocratico dell’arte, sfociato spesso nell’intellettualismo.
Politicamente Ortega y Gasset è sostenitore della costruzione dell’Europa a grande Stato unitario.
Renato Cristin, in un articolo su “il pungolo.com”, “Il poeta che sapeva scrivere”, del 17 luglio 2003, a proposito di Ortega, dice:
“Per Ortega i limiti dell’uomo sono i limiti del suo linguaggio, come diceva anche Ludwig Wittgenstein, ma con altri presupposti e altri obiettivi. Il linguaggio è sempre limitato da una frontiera di ineffabilità” e perciò va compreso come massimo sforzo di trascendenza umana. L’uomo, “tremendo animale lirico”, si protende verso la parola con una tensione appassionata e spasmodica che coinvolge la sua intera esistenza. Ecco perché la filosofia del linguaggio deve abbandonare l’atteggiamento della semiologia, che si rivolge alle parole come mere unità di significato, e adottarne una nuova, che potremmo definire fenomenologica (e che Ortega accetterebbe), che osserva l’orizzonte delle parole e delle persone. Infatti il contesto è parte essenziale della parola, e la parola è “attività, dinamismo, pressione di un contorno su di essa e di essa sul contorno”, come diceva Ortega y Gasset.


Opere di Ortega y Gasset: “Meditazioni sul Chisciotte”, 1914; i saggi su lo “Spettatore”, 1916-34; “Spagna invertebrata”, 1921; “Il tema del nostro tempo”, 1923; “La disumanizzazione dell’arte”, 1925; “Che cos’è la filosofia”, 1929; “ La ribellione delle masse”, 1930; “Goethe dall’interno”, 1933; “Intorno a Galileo”, 1933; “Storia come sistema”, 1941; i volumi pubblicati postumi “L’uomo e la gente”, del 1957, “Meditazione d’Europa”, del 1960.

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